Lo sviluppo maggiore della zona, si è avuto dopo la costruzione della via Appia da parte dei
romani.
Si può ipotizzare, data la presenza di numerosi resti romani come muri a secco, cisterne, resti di
casolari e anfore per il trasporto del cibo nelle zone di aperta campagna, un uso del suolo
improntato sull’agricoltura con un sistema radicato ed evoluto proprio grazie alla via Appia come
vettore principale per il commercio e gli spostamenti.
Prodotti come pomodori, patate, zucche, peperoni, che al giorno d’oggi sono fra i più
comuni in tutta Italia, non erano presenti, essendo stati importati dopo la scoperta dell’America
proprio dal nuovo continente. Quali erano dunque le coltivazioni prevalenti nella zona Itrana?
I pasti non erano opulenti e sfarzosi come i banchetti dei romani più agiati. Nelle foreste si dava la
caccia alla selvaggina, dal vicino mare si pescavano pesci, crostacei e molluschi del Mediterraneo,
le campagne più organizzate fornivano la carne ed il latte delle loro greggi, il formaggio e tutti i
legumi, cavoli, lenticchie, fave, lattughe, rape, navoni, meloni, uva, asparagi ed ovviamente olive e
olio.
Per quanto riguarda la viticoltura, sono stati i popoli delle varie colonie greche emigrate in Italia
dopo il dodicesimo secolo a.C. ad introdurre la coltivazione della vite sulle coste tirreniche, in
alcuni casi innestando gemme portate dal paese di origine con le viti selvatiche già presenti e da
loro la popolazione locale avrebbe ereditato le tecniche di maestri viticoltori.
Tra i vitigni produttori di uve di ottima qualità e quantità per l'estrazione di vini speciali ci sono
l'abbuoto ma soprattutto l'uva "serpe", vitigno autoctono greco che è stato soggetto ad un vero e
proprio recupero, dato che col tempo la sua coltivazione si è persa. Il vitigno è il frutto spontaneo
della striscia di terra tra i comuni di Fondi, Itri e Sperlonga ed è componente fondamentale, assieme
all'abbuoto, del famoso vino cecubo. In greco viene chiamato "dracontion" che in italiano significa
serpente. L’area compresa tra Formia e Fondi, dunque soprattutto il territorio di Itri, veniva quindi
definito ager Caecubus proprio perché territorio di produzione originario del vino cecubo.